Note di regia
“La Palestina siede col capo cosparso di cenere… Pesa su di lei una maledizione che ne ha inaridito i campi e spento la vitalità…”
(Mark Twain)
Ci sono stati tanti conflitti nel mondo, più o meno lunghi, che hanno avuto un inizio ed una fine. Quello israelo-palestinese ci appare eterno e senza soluzioni. Non c’è stato un giorno della nostra esistenza – sia per quelli nati nel 20 secolo, sia per quelli nati nell’era dell’intelligenza artificiale – in cui la prima pagina di tutti i giornali o di tutti i tg non sia stata dedicata a questo orribile conflitto.
La Palestina: un luogo in cui lo scontro tra due culture, quella araba e quella ebraica, ha acceso un fuoco che, forse, non si spegnerà mai; un luogo in cui si è sempre parlato di “vittime”, da una parte e dall’altra. Ma guardando al mondo attuale e al rigurgito di estremismi che pensavamo appartenere al passato e considerando la bruttissima piega dell’attuale governo israeliano, dobbiamo per forza rielaborare questa visione e capire una cosa essenziale: non è possibile nessuna tregua senza menti illuminate che si sforzino di comprendere “l’altro”.
Bayt in arabo vuole dire sia “casa” sia “versi”. È questa l’intuizione da cui Federica Bisegna è partita per creare un copione che possa mettere insieme parola ed azione, anima e corpo di una terra che è da decenni – purtroppo drammaticamente – centro del mondo. Negare l’altro, la sua cultura, la sua storia, i suoi bisogni e le sue ragioni, significa non volersi sforzare di trovare un punto d’incontro. Se è vero che le comunità degli uomini nascono grazie alla parola è vero anche che quella parola definisce chi siamo, costruisce i nostri spazi, diventa la nostra casa. Non ascoltare l’altro significa negare la sua “parola” e, dunque, la sua “casa”. In questo momento ci pare si stia concretizzando uno scempio: voler annullare un popolo con una guerra che guerra non è. Al di là delle convinzioni politiche di ognuno, per le quali vi è la propensione a giustificare azioni ingiustificabili da una parte e dall’altra, impellente vi è una sola priorità: salvare bambini, anziani, donne e uomini innocenti che hanno la sola colpa di essere palestinesi. Abbiamo voluto realizzare questo spettacolo per dar voce, attraverso i poeti e gli scrittori di quella terra, ad un popolo martoriato dalla ferocia di chi usa il potere per sottomettere e distruggere.
L’essenza di un popolo si tramanda attraverso la sua cultura, divulgarla vuol dire superare i confini, i muri, per fare del mondo una “casa” che sia veramente per tutti.
Vittorio Bonaccorso