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La fattoria degli animali

di Federica Bisegna
da George Orwell

Note di regia

“L'uomo nella sua arroganza si crede un'opera grande, meritevole di una creazione divina. Più umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente degli animali.”

(C. Darwin)

Da quando Darwin concepì la sua teoria sull’evoluzionismo, il nostro stereotipo dell’andare dal bene al male o viceversa è rappresentato dal grafico che parte dalla scimmia fino ad arrivare all’homo sapiens, cioè il passaggio da quadrupedi a bipedi. E questo tragitto rappresenta tutta la storia dell’umanità fatta di guerre, ingiustizie, sopraffazioni, in una parola: “evoluzione”. E se l’uomo si facesse animale, tanto da cambiare in positivo la propria sorte? Fin da Esopo, siamo abituati a pensare il contrario: gli animali che prendono coscienza avvicinandosi all’intelligenza umana. E se una sorta di Teriantropismo potesse salvarci, riportando quel grafico all’indietro e restituendoci la tanto agognata purezza perduta? E’ una delle domande che ci si pone davanti al geniale racconto che Orwell orchestra e che è uno di quelli con la stessa potenza di “Un canto di Natale” di Dickens o di “Fahrenheit 451” di Bradbury o 1984 dello stesso Orwell per citare solo tre dei romanzi più famosi della letteratura mondiale. Cioè quelle storie che trasformano non solo il modo di pensare la letteratura ma influenzano anche la visione della realtà che ci circonda. Gli animali servono ad Esopo per sottolineare la finzione e la leggerezza delle storie. L’animale “umanizzato” infatti consente alla favola di esprimere il proprio punto senza annoiare o insultare un destinatario. In Orwell non vi è nessun tipo di “antropomorfismo”. Gli animali che prendono il potere, stanchi dell’oppressione dell’uomo, non rappresentano altro che gli animali stessi sfruttati da un’altra razza di animale che si è autoproclamata padrona della natura. La purezza ed il candore degli animali termina nel momento in cui si assaggia la brama di potere, finendo per assumere gli stessi vizi e difetti e la medesima malvagità della razza umana. La metafora è chiara: chi è sfruttato si ribella; tra chi si ribella vi è chi prende le redini della lotta e, dunque, il potere; chi ha il potere compie gli stessi orrori dei precedenti oppressori; e il ciclo ”evolutivo” continua. Abbiamo scelto questa meravigliosa quanto ardua sfida per il momento storico che stiamo vivendo in cui l’umanità ripercorre strade già battute: guerre, dittature, sopraffazione dell’uomo sull’uomo, immemore del passato e di ciò che è successo nei passaggi da australopiteco a homo habilis, da homo erectus a homo sapiens.

Vittorio Bonaccorso

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